La constatazione amichevole d’incidente, comunemente nota come modulo CAI o CID, rappresenta uno strumento fondamentale nella gestione dei sinistri stradali. Tuttavia, molti si chiedono se sia possibile contestare le dichiarazioni contenute in questo documento quando queste risultino false o non completamente corrispondenti alla realtà dei fatti. La risposta è affermativa, e la giurisprudenza consolidata offre diversi strumenti per farlo.
La Natura Giuridica della CAI: presunzione relativa, non verità assoluta
Il primo aspetto da chiarire riguarda la natura giuridica della constatazione amichevole. L’articolo 143, comma 2, del Codice delle Assicurazioni Private stabilisce che quando il modulo sia firmato congiuntamente da entrambi i conducenti, si presume che il sinistro si sia verificato nelle circostanze descritte, salvo prova contraria da parte dell’impresa di assicurazione.
Questa disposizione attribuisce al modulo CAI il valore di una presunzione legale relativa, tecnicamente definita “iuris tantum”. Ciò significa che le circostanze del sinistro descritte nel modulo si presumono vere, ma tale presunzione può essere superata fornendo prova contraria. Non si tratta quindi di una verità assoluta e incontrovertibile, ma di un punto di partenza probatorio che può essere messo in discussione.
Il valore confessorio e i limiti del litisconsorzio necessario
Le dichiarazioni contenute nella CAI possono configurare una confessione stragiudiziale ai sensi degli articoli 2733 e 2735 del Codice Civile. Tradizionalmente, la confessione stragiudiziale resa alla controparte fa piena prova contro colui che l’ha resa. Tuttavia, nel contesto dei sinistri stradali, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno significativamente temperato questa efficacia.
Nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore, il responsabile del danno assume la veste di litisconsorte necessario. Questa situazione processuale comporta che la controversia debba svolgersi in maniera unitaria e concludersi con una decisione uniforme per tutti i soggetti coinvolti. Di conseguenza, anche la dichiarazione confessoria contenuta nel modulo CAI non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del confitente stesso, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice.
Come ha chiarito la Suprema Corte, “la dichiarazione confessoria contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro, resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice“. Questo principio mira a evitare giudizi contraddittori e garantire una valutazione unitaria della responsabilità.
Le modalità concrete di contestazione
La contestazione delle affermazioni contenute nella CAI può provenire dall’impresa di assicurazione, dallo stesso conducente firmatario o dall’altro conducente coinvolto. Le modalità per contestare efficacemente il documento si basano principalmente sulla fornitura di prova contraria attraverso diversi strumenti probatori.
Le testimonianze di persone presenti al momento del sinistro rappresentano uno strumento particolarmente efficace, così come la documentazione fotografica o video del luogo dell’incidente e dei veicoli coinvolti. Anche i verbali redatti dalle autorità intervenute possono costituire elemento di prova, sebbene per le parti relative alla ricostruzione della dinamica non avvenuta in presenza degli agenti siano anch’essi soggetti a libero apprezzamento del giudice.
Le perizie tecniche assumono particolare rilevanza quando analizzano la compatibilità dei danni riportati dai veicoli con la dinamica descritta nella CAI. La giurisprudenza ha infatti sottolineato che ogni valutazione sulla portata confessoria del modulo deve ritenersi preclusa dall’esistenza di un’accertata incompatibilità oggettiva tra il fatto come descritto nel documento e le conseguenze del sinistro come accertate in giudizio.
Quando non è necessaria la querela di falso
Un aspetto importante da chiarire riguarda la necessità o meno di ricorrere alla querela di falso per contestare la veridicità del contenuto della CAI. La querela di falso è un procedimento giudiziario specifico necessario per contestare la falsità materiale o ideologica di atti pubblici o scritture private riconosciute.
Tuttavia, per contestare la veridicità del contenuto della CAI non è necessario esperire la querela di falso. La contestazione avviene attraverso il meccanismo della prova contraria e si risolve nel libero apprezzamento del giudice. La querela di falso potrebbe essere appropriata solo qualora si intendesse contestare la falsità materiale del documento, ad esempio sostenendo che una firma non è autentica o che il documento è stato alterato dopo la sottoscrizione.
I limiti intrinseci della valenza probatoria
Oltre alla possibilità di fornire prova contraria, la valenza probatoria della CAI può essere attenuata o esclusa in diverse circostanze. L’incompletezza o l’imprecisione nella compilazione del modulo possono compromettere significativamente la sua attitudine probatoria. La giurisprudenza richiede infatti una certa completezza formale e sostanziale affinché operi la presunzione di veridicità.
Il valore confessorio delle dichiarazioni riguarda principalmente le modalità del sinistro e i fatti storici sfavorevoli al dichiarante, non invece le valutazioni giuridiche come l’attribuzione esplicita della colpa, che spetta esclusivamente al giudice. Inoltre, quando la dichiarazione confessoria è resa dal conducente non proprietario del veicolo, tale dichiarazione è liberamente apprezzabile dal giudice nei riguardi del proprietario e dell’assicuratore.
L’onere della prova e le strategie difensive
Chi intende contestare le risultanze della CAI ha l’onere di fornire la prova contraria. In assenza di contestazioni specifiche e di prove che ne inficino la credibilità, il giudice può fondare la propria decisione sulle dichiarazioni contenute nel modulo, sempre nell’ambito del suo potere di libero apprezzamento.
È importante sottolineare che il principio di non contestazione opera rispetto ai fatti costitutivi, modificativi o estintivi del diritto azionato, ma non necessariamente in relazione a ricostruzioni della dinamica che richiedono un riscontro altamente valutativo sulla condotta, sul nesso di causalità e sull’evento.
Conclusioni operative
La constatazione amichevole d’incidente, pur rappresentando uno strumento importante nella gestione dei sinistri stradali, non costituisce una prova incontrovertibile. La possibilità di contestarne il contenuto quando questo non corrisponda alla realtà dei fatti è pienamente riconosciuta dall’ordinamento e dalla giurisprudenza consolidata.
La chiave del successo nella contestazione risiede nella capacità di fornire elementi probatori convincenti che dimostrino una diversa realtà dei fatti rispetto a quanto dichiarato nel modulo. L’incompatibilità oggettiva tra la dinamica descritta e i danni effettivamente riportati rappresenta spesso l’elemento più efficace per superare la presunzione di veridicità della CAI.
In questo contesto, assume particolare importanza la consulenza di professionisti esperti che sappiano valutare la solidità delle dichiarazioni contenute nella constatazione amichevole e individuare le strategie più efficaci per la loro eventuale contestazione, sempre nel rispetto dei principi di lealtà processuale e di ricerca della verità materiale.