Il Responsabile della Conservazione: approfondimento linee guida Agid

Nel contesto giuridico e della gestione documentale digitale, il ruolo del Responsabile della Conservazione assume una rilevanza cruciale, soprattutto per la conformità normativa e l’efficacia del sistema di conservazione adottato da organizzazioni pubbliche e private. In questo articolo, approfondiamo le funzioni e le responsabilità del responsabile della conservazione, con uno sguardo particolare alle norme italiane, come disciplinate dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) e con particolare riferimento alle nuove linee guida di maggio 2021.

Definizione e Nomina del Responsabile della Conservazione

Il Responsabile della Conservazione è una figura obbligatoria, sia per le pubbliche amministrazioni sia per le entità private che devono gestire documenti soggetti a obblighi di conservazione. Secondo le Linee guida sulla conservazione dei documenti informatici emanate dall’AgID, questo ruolo può essere ricoperto esclusivamente da una persona fisica dipendente del soggetto produttore dei documenti. Tuttavia, nelle organizzazioni private, il responsabile può essere anche una figura esterna, purché dotata di adeguate competenze giuridiche, informatiche e archivistiche e non legata al conservatore per garantire indipendenza e trasparenza nel processo di conservazione.

Funzioni e Responsabilità del Responsabile della Conservazione

Il responsabile della conservazione non ha un ruolo puramente formale, ma è chiamato a gestire attivamente tutte le fasi del processo di conservazione. Le sue principali responsabilità includono:

  1. Definire e attuare le politiche di conservazione: Il responsabile deve garantire che il processo di conservazione sia conforme alle normative vigenti, definendo le regole per l’archiviazione e la protezione dei documenti digitali.
  2. Supervisionare il sistema di conservazione: La figura è incaricata di monitorare e verificare il funzionamento del sistema, assicurandosi che esso rispetti i requisiti di integrità, autenticità, leggibilità e accessibilità dei documenti nel tempo. Ciò include anche la gestione delle infrastrutture tecnologiche e dei formati di file adottati per la conservazione​.
  3. Redigere e aggiornare il Manuale di Conservazione: Il manuale di conservazione è uno strumento essenziale per documentare in dettaglio l’intero processo di conservazione, incluse le funzioni dei vari soggetti coinvolti, le misure di sicurezza adottate, e le procedure per la gestione degli archivi. Tale documento deve essere redatto e aggiornato dal responsabile della conservazione in collaborazione con il conservatore.​
  4. Presa in carico dei pacchetti di versamento: Il responsabile gestisce la ricezione dei pacchetti di versamento, ovvero l’insieme di documenti che devono essere archiviati nel sistema di conservazione. Tale attività comprende anche la verifica della completezza e della correttezza dei metadati associati.​
  5. Procedure di esibizione e esportazione: Il responsabile della conservazione è anche incaricato di stabilire le procedure per l’esibizione e l’eventuale esportazione dei documenti dal sistema, ad esempio in caso di richieste di accesso da parte di autorità o per motivi legali​.

Nomina del Responsabile nelle Organizzazioni Private

La nomina del responsabile della conservazione non è esclusiva delle pubbliche amministrazioni. Anche le organizzazioni private sono tenute a nominare tale figura qualora siano obbligate per legge a conservare documenti digitali. In tali contesti, il responsabile può essere una figura interna o esterna all’organizzazione, a condizione che possieda le competenze necessarie e sia indipendente rispetto al conservatore.​

Il Manuale di Conservazione e il Piano di Conservazione

Il Manuale di Conservazione è uno strumento che ogni ente, pubblico o privato, deve predisporre per documentare il funzionamento e la struttura del proprio sistema di conservazione. Questo documento, oltre a essere obbligatorio per le pubbliche amministrazioni, deve essere predisposto da qualsiasi soggetto privato che abbia obblighi di conservazione documentale. Il manuale descrive non solo l’organizzazione interna del processo di conservazione, ma anche le modalità di trattamento degli oggetti digitali, i criteri di gestione dei pacchetti di archiviazione e le eventuali eccezioni.​

Il Piano di Conservazione, invece, è un documento allegato al manuale che definisce i criteri per l’archiviazione e la selezione dei documenti. Esso è obbligatorio per le pubbliche amministrazioni, mentre per i soggetti privati, sebbene non vi sia un obbligo specifico, è consigliato stabilire criteri analoghi per una gestione efficiente e conforme​.

Conclusioni

Il Responsabile della Conservazione rappresenta una figura cardine per la corretta gestione e conservazione dei documenti digitali, assicurando conformità normativa e integrità dei dati nel tempo. L’evoluzione normativa in Italia, come stabilito dalle linee guida dell’AgID, pone particolare enfasi sull’importanza di una figura competente e indipendente, in grado di governare un processo che è al contempo giuridico, informatico e archivistico. Le aziende, così come le pubbliche amministrazioni, devono pertanto prestare grande attenzione alla nomina e alle competenze del responsabile della conservazione, per garantire un sistema efficiente e sicuro.

Fattura elettronica e decreto ingiuntivo: aggiornamento giurisprudenziale

Se ne è già discusso in questo articolo : la fattura elettronica è sufficiente per agire in sede monitoria?

La sentenza emessa dal Tribunale ordinario di Verona, n. 10221/2019, affronta la validità della fattura elettronica come titolo idoneo per ottenere un decreto ingiuntivo.

Il caso riguarda la concessione di un decreto ingiuntivo richiesto da A. S.P.A. – Agenzia per il Lavoro, basato su un credito certo, liquido ed esigibile, comprovato da fatture elettroniche in formato XML. Il giudice, dott. Massimo Vaccari, ha esaminato se tali fatture possano essere considerate equipollenti all’estratto autentico delle scritture contabili, previsto dall’art. 634, comma 2, c.p.c.

Il provvedimento si basa su diverse disposizioni normative e tecniche:
1. Agenzia delle Entrate, Provvedimento n. 89757/2018: Stabilisce che la fattura elettronica è un file in formato XML, conforme alle specifiche tecniche dettagliate, che non contiene macroistruzioni o codici eseguibili in grado di modificare i dati rappresentati;
2. D.Lgs. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale): Definisce il duplicato informatico come un documento informatico che riproduce esattamente la sequenza di valori binari del documento originario, rendendolo autentico e immodificabile.

Secondo il giudice, le fatture elettroniche in formato XML possono essere equiparate all’estratto autentico delle scritture contabili. Questa conclusione è supportata dal fatto che il Sistema di Interscambio (SDI) genera documenti informatici che sono considerati duplicati autentici, indistinguibili dagli originali, e non semplici copie.

Il giudice sottolinea che i soggetti obbligati ad emettere fatture elettroniche tramite SDI sono esonerati dall’obbligo di annotazione nei registri di cui agli artt. 23 e 25 del D.P.R. 633/1972. Di conseguenza, per tali soggetti, viene meno anche l’obbligo di tenere le scritture contabili richieste dall’art. 634, comma 2, c.p.c., per l’ottenimento del decreto ingiuntivo. Questo rende illogico mantenere l’obbligo di presentare estratti autentici delle scritture contabili.

Il tribunale ha quindi emesso un decreto ingiuntivo a favore di A. S.P.A., ordinando a B S.R.L. di pagare immediatamente la somma di € 24.372,88, gli interessi e le spese di procedura, e ha autorizzato la provvisoria esecuzione del decreto stesso.

Questa sentenza stabilisce un precedente significativo per l’uso delle fatture elettroniche come prova scritta del credito nei procedimenti di ingiunzione. I professionisti legali devono tener conto che le fatture elettroniche in formato XML, se emesse secondo le normative tecniche stabilite, sono sufficienti per ottenere un decreto ingiuntivo senza necessità di ulteriori documentazioni contabili autentiche.

Riferimenti Normativi:
– Art. 633 c.p.c.: Condizioni per l’ingiunzione
– Art. 634 c.p.c.: Prova scritta del diritto
– D.Lgs. 82/2005 (CAD): Codice dell’Amministrazione Digitale
– D.Lgs. 127/2015: Disposizioni sulla fatturazione elettronica
– D.P.R. 633/1972: Disciplina dell’IVA e obblighi contabili.

Processo civile telematico e fattura elettronica con firma scaduta: quid iuris?

Si è già parlato delle fatture elettroniche e della loro utilizzabilità nel procedimento per ingiunzione di pagamento in questo articolo: link

Come noto, nel processo civile telematico (PCT), le fatture in formato .xml ed i relativi esiti vanno imbustati e caricati sul sistema. Ebbene, può accadere (ed anzi: è probabile) che le fatture in nostro possesso siano state firmate elettronicamente.

Facciamo un passo indietro: cos’è l’xml? E il .p7m? Inoltre, la firma elettronica è obbligatoria sulle fatture elettroniche?

Andiamo con ordine: l’xml, eXtensible Markup Language, è l’unico formato file conforme agli standard definiti dal Sistema di Interscambio per le fatture elettroniche, mentre xml.p7m è il formato della fattura elettronica firmata digitalmente.

Per quanto riguarda l’obbligatorietà o meno di firmare le fatture occorre distinguere: per le fatture PA (cioè quelle emesse nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni, peraltro obbligatorie ormai da più di un lustro) tale previsione è obbligatoria, mentre per le fatture c.d. b2b (business to business, ovverosia tra privati) è prevista come meramente facoltativa.

E cos’è la firma elettronica? Il concetto di firma elettronica è normato dal Regolamento eIDAS (Regolamento UE n. 910/2014), il quale è stato recepito all’interno del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD – Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82).

La firma apposta alle fatture elettroniche soggiace alle normali regole di validità delle firme, e per tale motivo è soggetta a scadenza.

Il problema: se abbiamo una fattura emessa nel 2019 con firma, e quest’ultima ha il certificato scaduto, come possiamo imbustarla? Il programma che gestisce il PCT infatti ci avvertirà che il certificato di firma del documento xml.p7m non è valido, e per tale motivo ci impedirà di caricarlo.

Una precisazione è d’obbligo: se la fattura ha la firma scaduta, ma quando è stata apposta era valida, il documento non è nullo. Inoltre, le fatture elettroniche vanno obbligatoriamente conservate per rispettare le previsioni normative in materia.

Tutto ciò premesso, come aggirare l’ostacolo? Come caricare nel PCT una fattura elettronica con certificato di firma scaduto? È semplice: con un software che consenta di aprire i xml.p7m (quali, a titolo di esempio, ArubaSign e FirmaCerta) sarà sufficiente salvare il file .xml “puro” senza firma e procedere al suo deposito.

Fattura elettronica e decreto ingiuntivo: quid iuris?

La prova scritta nel procedimento di ingiunzione

Per ottenere la soddisfazione del credito nei confronti del debitore, lo sappiamo, si può accedere ad una procedura semplificata, il procedimento di ingiunzione, disciplinato dagli artt. 633 e ss. del c.p.c.. Si tratta di un procedimento di natura sommaria che prevede l’emanazione di un provvedimento in assenza di contradditorio fra le parti (inaudita altera parte), destinato – se non opposto e, quindi, entro breve tempo – ad avere forza di giudicato.

L’accesso a tale procedimento è possibile tutte le volte in cui si fornisca una prova scritta in ordine all’esistenza del diritto (art. 633 co. 1 n. 1 c.p.c.).

Sono prove scritte idonee (art. 634 c.p.c.) “le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata e i telegrammi, anche se mancanti dei requisiti prescritti dal Codice civile”, inoltre ai sensi comma 2 “per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano un’attività commerciale e da lavoratori autonomi, anche a persone che non esercitano tale attività, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli articoli 2214 e ss. del c.c., purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l’osservanza delle norme stabilite per tali scritture.

Il Giudice investito della procedura, in caso di crediti emergenti da fatture cartacee richiede, sulla base di tale presupposto normativo, il deposito di un estratto notarile autentico delle scritture contabili in cui tali fatture sono annotate. Questo al chiaro fine di fornire una prova “terza” ed inoltre “imparziale ed autorevole” che il documento autoprodotto dal creditore sia conforme all’originale da cui il credito sorge.

 

La fatturazione elettronica

Come a tutti noto, dal gennaio 2019 è entrato in vigore l’obbligo di emissione della fattura in formato elettronico (già prevista nei rapporti con la Pubblica Amministrazione già dal 2014). L’Agenzia delle Entrate, nel Provvedimento del 30 aprile 2018 n. 89757/2018, ha precisato:

  1. che la fattura elettronica è un file in formato XML (n.d.r. eXtensible Markup Language), non contenente macroistruzioni o codici eseguibili tali da attivare funzionalità che possano modificare gli atti, i fatti o i dati nello stesso rappresentati,
  2. e che nel caso in cui il file della fattura sia firmato elettronicamente, il SdI effettua un controllo sulla validità del certificato di firma. In caso di esito negativo del controllo, il file viene scartato e viene inviata la ricevuta (…), cd. ricevuta di scarto.

Il Sistema di Interscambio (SdI), nell’emissione della fattura elettronica, genera documenti informatici che sono autentici e non modificabili. Si tratta di “duplicati informatici” e non di mere “copie informatiche di documenti informatici”.

L’art. 1 co. 1 lett. i) quinquies del D.Lgs. n.82/2005 “Codice dell’Amministrazione Digitale” (CAD), prevede che: “Ai fini del presente codice si intende per […] duplicato informatico: il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario”.

Il duplicato informatico è quindi assolutamente non distinguibile dall’originale.

In ragione di queste caratteristiche l’art. 1, co. 3-ter, D. Lgs. 127/2015 prevede che i soggetti obbligati ad emettere in via esclusiva fatture mediante il SdI siano esonerati dall’obbligo di annotazione nei registri di cui agli artt. 23 e 25 D.P.R. 633/1972 (ossia il registro delle fatture emesse; in questo registro le fatture emesse devono essere annotate nell’ordine della loro numerazione e con riferimento alla loro data di emissione).

Il formato XML e i controlli del Sistema di interscambio rendono la fattura elettronica un documento idoneo per emettere un decreto ingiuntivo senza dover depositare i registri?

L’orientamento maggioritario della giurisprudenza – ancora soltanto di merito – intervenuta sul tema, è quello di considerare le fatture elettroniche titoli di per sé idonei per l’emissione, in favore di chi le ha emesse, di un decreto ingiuntivo, senza quindi l’obbligo di deposito dei registri di cui agli artt. 23 e 25 D.P.R. 633/1972 (cfr Tribunale di Verona 29 novembre 2019).

Il Tribunale di Verona nel procedimento R.G. n. 10221/2019 afferma che la fattura elettronica prodotta in giudizio è titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo, poiché tale documento deve ritenersi prova scritta equipollente all’estratto autentico delle scritture contabili previsto dall’art. 634, co. 2 c.p.c., in virtù anche della considerazione che, viste le caratteristiche sopra riportate, il SDI genera documenti informatici autentici ed immodificabili, che non sono semplici “copie informatiche di documenti informatici” bensì “duplicati informatici”, assolutamente indistinguibili dai loro originali, potendo essere scaricati da “fonte/terzo qualificato”, come l’Agenzia delle Entrate.

Sul punto, in accordo con quanto argomentato in tema di obbligo di tenuta dei registri (cfr punto precedente) ha affermato “che proprio in ragione delle sopra descritte caratteristiche della fattura elettronica, l’art. 1, comma 3-ter, D. Lgs. 127/2015 prevede che i soggetti obbligati ad emetterle in via esclusiva mediante il Sistema di Interscambio (di cui al comma 3°) sono esonerati dall’obbligo di annotazione nei registri di cui agli artt. 23 e 25 D.P.R. 633/1972 cosicché per tali soggetti deve ritenersi che sia venuto meno anche l’obbligo di tenere i predetti registri, e di conseguenza gli obblighi previsti dall’art. 634 comma 2, c.p.c. ai fini dell’ottenimento del decreto ingiuntivo, poiché è illogico pensare che un’impresa debba tenere delle scritture contabili che non ha l’obbligo di utilizzare”.

L’autentica del notaio presenta infatti una duplice funzione:

  • l’autenticità del documento;
  • la regolare tenuta dei registri.

Il formato xml del documento riesce a fornire prova di autenticità del documento stesso, per le caratteristiche di cui sopra, mentre non sopperisce all’onere di regolare tenuta del registro.

Difatti, va segnalato che, nonostante questa sia la giurisprudenza prevalente, il tribunale Vicenza (in data 25 ottobre 2019) ha espresso un parere contrario. La motivazione risiede nel fatto che la prescrizione della produzione dell’estratto autentico delle scritture contabili di cui all’art. 634 c.p.c. è finalizzata a consentire un controllo estrinseco sulla regolare tenuta delle scritture in cui le fatture vengono conservate, esigenza che non può considerarsi assolta con la fatturazione elettronica. Inoltre, l’esonero dall’obbligo di annotazione nei registri di cui agli artt. 23 e 25 D.P.R. 633/1972 non consentirebbe una idonea argomentazione perché “(…) il venir meno dell’obbligo, sotto il profilo che ci occupa, non è equivalente ad un’attestazione di regolare tenuta, la quale anzi deve essere esclusa proprio per l’insussistenza di un obbligo di tenuta dei registri”.