Le notifiche all’impresa individuale

La questione posta riguarda le modalità di notificazione di un atto (quale un decreto ingiuntivo) nei confronti di un’impresa individuale, nel caso in cui la notifica a mezzo PEC non sia andata a buon fine per invalidità dell’indirizzo. Ci si chiede se la successiva notifica cartacea debba essere indirizzata alla sede legale dell’impresa o alla residenza del titolare.

Per rispondere in maniera completa, è necessario distinguere i diversi regimi di notificazione previsti dall’ordinamento a seconda del tipo di atto e del soggetto destinatario, e analizzare come si colloca la notifica di un decreto ingiuntivo nei confronti di un’impresa individuale.

1. Il Regime Generale della Notificazione a Imprese e Professionisti

In linea generale, per le imprese individuali o costituite in forma societaria e per i professionisti iscritti in albi ed elenchi, la notificazione degli atti che per legge devono essere loro notificati avviene in via telematica a mezzo Posta Elettronica Certificata (PEC) all’indirizzo risultante dall’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI-PEC). Questo obbligo di dotarsi di un indirizzo PEC e di mantenerlo attivo grava sull’imprenditore sin dalla fase di iscrizione nel registro delle imprese.

Tuttavia, le modalità di notificazione e le procedure suppletive in caso di esito negativo della notifica PEC variano a seconda della natura dell’atto da notificare.

2. Notificazione degli Atti della Riscossione

Per gli atti della riscossione, come la cartella di pagamento o l’avviso di addebito, l’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973 e l’art. 30 del D.L. n. 78/2010 (convertito in L. n. 122/2010) prevedono la notifica a mezzo PEC all’indirizzo risultante dall’INI-PEC. Queste norme, e l’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973 richiamato, stabiliscono che tale modalità di notifica *deroga* all’art. 149-bis c.p.c. e alle modalità di notificazione previste dalle singole leggi d’imposta non compatibili.

In caso di casella PEC satura o indirizzo non valido/attivo, l’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973 (nel testo modificato dall’art. 7-quater, comma 6, del D.L. n. 193/2016, applicabile dal 1° luglio 2017) prevede specifiche procedure suppletive: un secondo tentativo di notifica dopo sette giorni in caso di casella satura; se anche questo fallisce o l’indirizzo non è valido/attivo, la notificazione avviene mediante deposito telematico dell’atto nell’area riservata del sito internet della società di riscossione e pubblicazione di un avviso nello stesso sito per quindici giorni, con ulteriore notizia al destinatario a mezzo raccomandata.

È importante notare che, in questo regime speciale, le norme non impongono al mittente di utilizzare necessariamente un indirizzo PEC risultante da pubblici elenchi, a differenza di quanto previsto per le notificazioni eseguite in proprio dagli avvocati (art. 3-bis, comma 1, L. n. 53/1994). La ragione di tale distinzione risiede nella peculiare qualifica dei soggetti abilitati a notificare gli atti della riscossione (uffici competenti, agenti della riscossione, messi comunali, agenti di polizia municipale), che assicura a monte l’attendibilità dell’indirizzo del mittente.

3. Notificazione nel Procedimento per Dichiarazione di Fallimento (e ora nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza)

Anche nel procedimento per la dichiarazione di fallimento (ora liquidazione giudiziale), l’art. 15, comma 3, della Legge Fallimentare (e ora l’art. 40 del D.Lgs. n. 14/2019 – Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – CCII) prevede un regime di notificazione speciale e gradato.
La notifica del ricorso e del decreto di convocazione deve avvenire, a cura della cancelleria, prioritariamente all’indirizzo PEC del debitore risultante dal registro delle imprese o dall’INI-PEC.
Solo quando, “per qualsiasi ragione”, la notificazione via PEC non sia possibile o non abbia esito positivo, la notifica deve essere eseguita, a cura del ricorrente, dall’ufficiale giudiziario che deve accedere di persona (senza avvalersi del servizio postale) presso la sede legale del debitore risultante dal registro delle imprese.
Qualora neppure questa modalità sia attuabile (ad esempio, per irreperibilità presso la sede), la notifica si esegue mediante deposito dell’atto nella casa comunale della sede iscritta nel registro.
Questo procedimento notificatorio è considerato speciale e distinto da quello del codice di procedura civile (artt. 138 ss. o 145 c.p.c.). La mancata o non corretta tenuta dell’indirizzo PEC da parte dell’imprenditore è vista come una “irreperibilità colpevole”, con conseguenze negative a suo carico .

4. Notificazione degli Atti Giudiziari (come il Decreto Ingiuntivo) all’Impresa Individuale

Il decreto ingiuntivo è un atto tipico del processo civile ordinario. Per la notificazione degli atti giudiziari a un’impresa individuale, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il destinatario della notifica è la persona fisica dell’imprenditore, e la notificazione deve essere eseguita secondo le regole previste per le persone fisiche (artt. 138 ss. c.p.c.), e non secondo le regole per le persone giuridiche o le società (art. 145 c.p.c.).

L’art. 139 c.p.c., che rientra tra le disposizioni applicabili alle notificazioni a persone fisiche, stabilisce che, se non è possibile la consegna a mani proprie (art. 138 c.p.c.), la notifica può essere eseguita nel comune di residenza, dimora o domicilio del destinatario, mediante consegna a persone di famiglia o addette all’ufficio o all’azienda. Crucialmente, l’art. 139 c.p.c. consente la notifica, in alternativa, presso la casa di abitazione, l’ufficio o la sede dove il destinatario esercita l’industria o il commercio.

Pertanto, per un atto giudiziario come il decreto ingiuntivo notificato a un’impresa individuale, la notifica cartacea successiva al fallimento della PEC deve seguire le regole degli artt. 138 ss. c.p.c.

Questo significa che l’ufficiale giudiziario, una volta individuato il comune di residenza, dimora o domicilio dell’imprenditore, può legittimamente tentare la notifica presso la sua residenza, dimora o domicilio, oppure, in alternativa, presso la sede dell’impresa individuale.

La sede legale dell’impresa individuale, risultante dal registro delle imprese, è considerata uno dei luoghi idonei alla notifica ai sensi dell’art. 139 c.p.c., in quanto luogo dove l’imprenditore esercita la sua attività.

Conclusioni

Alla luce delle fonti fornite, la notificazione di un decreto ingiuntivo a un’impresa individuale, una volta fallito il tentativo di notifica a mezzo PEC (obbligatoria per legge per le imprese), deve avvenire secondo le modalità previste per la notificazione degli atti giudiziari alle persone fisiche (artt. 138 ss. c.p.c.).

Questo regime si distingue nettamente dai regimi speciali previsti per gli atti della riscossione o per i procedimenti concorsuali, che prevedono procedure suppletive specifiche e derogatorie rispetto al codice di procedura civile.

Pertanto, nel caso di notifica cartacea di un decreto ingiuntivo a un’impresa individuale con PEC non valida, l’ufficiale giudiziario potrà procedere alla notifica presso la residenza del titolare oppure presso la sede legale dell’impresa individuale, in quanto entrambi luoghi rientrano tra quelli alternativamente previsti dall’art. 139 c.p.c. per la notifica a persone fisiche. Non vi è una preclusione a notificare presso la sede legale dell’impresa individuale, poiché questa è considerata un luogo idoneo ai sensi dell’art. 139 c.p.c. per la notifica alla persona fisica dell’imprenditore. La scelta tra i luoghi indicati dall’art. 139 c.p.c. spetta all’ufficiale giudiziario, una volta individuato il comune competente.

È opportuno ricordare che l’obbligo per l’imprenditore individuale di dotarsi di una PEC e di mantenerla attiva è un onere legale, e la sua negligenza nel farlo può comportare che la notifica si consideri perfezionata anche in caso di mancata ricezione effettiva, se sono state rispettate le procedure previste dalla legge. Tuttavia, la domanda verte specificamente sul luogo dove eseguire la notifica cartacea dopo il fallimento della PEC, e in tal caso si applicano le regole ordinarie per le persone fisiche, che includono la possibilità di notifica presso la sede dell’impresa individuale.

Raccomandata ed avviso di giacenza: quando la comunicazione si considera conosciuta?

Arriva il postino al tuo indirizzo e non trovandoti a casa, lascia l’avviso di giacenza di una raccomandata.

Dopo cinque giorni ti rechi in posta e ritiri la missiva: scopri che si trattava di una comunicazione che dava tempo cinque giorni dal ricevimento per porre in essere un comportamento attivo.

La prima domanda è quindi: i termini sono spirati? Il mio ritardo nel ritiro della busta può considerarsi tempo utile all’adempimento?

Quale termine vale per la legge? La consegna dell’avviso o il ritiro della busta?

È innanzitutto necessaria una premessa: se non ritiri la raccomandata nel momento in cui questa viene depositata per assenza del destinatario, questo non può, secondo la legge, cambiare la sorte della comunicazione. La comunicazione, trascorsi dei termini stabiliti, si considererà comunque giunta a destinazione e, quindi, ricevuta e conosciuta.

Il caso contrario porterebbe infatti ad un facile modo di sottrarsi alla notifica di una citazione, di uno sfratto, di una messa in mora.

Il codice civile, all’art. 1335 afferma che la “presunzione di conoscenza opera dalla consegna dell’atto presso l’indirizzo del destinatario.”

Tuttavia il medesimo art. 1335 c.c. stabilisce che è facoltà della parte notificata di provare che non ha avuto conoscenza dell’atto alla data di presunta conoscenza senza colpa, e di essere quindi rimesso in termini.

È ora necessario distinguere a seconda dell’atto contenuto nella raccomandata e capire cosa argomenta la giurisprudenza sul punto.

  1. Raccomandata contenente atti giudiziari

Nel caso in cui il delegato/postino consegni all’indirizzo una raccomandata e non trovi nessuno, rilascerà una comunicazione con cui informa del primo tentativo di notifica.

Nel caso di tratti di raccomandata contenente un atto giudiziario il destinatario riceverà inoltre una seconda raccomandata (informativa) in cui viene comunicata la giacenza presso l’ufficio postale, con l’avviso che è possibile il ritiro entro 30 giorni

Se non verrà ritirata entro tale termine, la raccomandata sarà restituita al mittente con la dicitura “compiuta giacenza”.

Quando, quindi, la raccomandata si considera ricevuta? (Cass. sent. n. 48191/17 del 19.10.2017)

  1. Se la raccomandata viene ritirata prima di 10 giorni dall’invio della seconda raccomandata (informativa): si considera ricevuta nel giorno stesso in cui viene ritirata;
  2. Se la raccomandata viene ritirata dopo 10 giorni dall’invio della seconda raccomandata (informativa): si considera ricevuta il decimo giorno dall’invio della stessa;
  3. Se la raccomandata non viene mai ritirata all’ufficio postale: si considera ricevuta il decimo giorno dall’invio della stessa.

  1. Raccomandata per tutti gli altri atti

Per le raccomandate che non contengono atti giudiziari, vi sono regole diverse.

Questo perché vi sono anche regole diverse sulla spedizione. Se il destinatario non è a casa al momento dell’arrivo del postino, non viene spedita la seconda raccomandata (informativa): si viene a conoscenza del tentativo di consegna della comunicazione solo attraverso l’avviso immesso nella cassetta delle lettere.

Quando, quindi, la raccomandata si considera ricevuta? Secondo la giurisprudenza al momento dominante (Cass. sent. n. 23396/17 del 6.10.2017):

  • dal momento dell’immissione dell’avviso nella cassetta delle lettere (senza che rilevi il decorso dei 10 giorni che invece vale nel caso di atti giudiziari).

Vale la pena segnalare che esiste una giurisprudenza minoritaria che ritiene (Cass. Sent. n. 25791/2016) che la comunicazione a mezzo raccomandata “si ha per eseguita, in caso di mancato reperimento del destinatario da parte dell’agente postale, decorsi dieci giorni dalla data di rilascio dell’avviso di giacenza ovvero, se anteriore, da quella di ritiro del piego“.

L’orientamento dominante però, riterrebbe spirato il termine di 5 giorni dal momento dell’immissione in cassetta dell’avviso di avvenuto deposito, fatta salva la facoltà della parte notificata di provare che non ha avuto conoscenza dell’atto alla data di presunta conoscenza senza colpa, e di essere quindi rimesso in termini.